LA DONNA GIUSTA di Sándor Márai Frasi

Autore: Sándor Márai

Traduttore: Laura Sgarioto, Krisztina Sàndor

Editore: Adelphi

Collana: Gli Adelphi

Edizione: 1

Anno edizione: 2009

Formato: Tascabile

In commercio dal: 20 gennaio 2010

Pagine: 445 p., Brossura

EAN: 9788845924651

“Ehi, guarda quell’uomo. Aspetta, fa’ come se niente fosse, continuiamo a chiacchierare… Se si voltasse potrebbe vedermi, e io non voglio che mi saluti. Ecco, adesso puoi guardarlo… Quello basso, tarchiato, con il cappotto dal collo di martora? Ma figurati! Quello alto, pallido, con il cappotto nero, che sta parlando con la commessa. Si fa incartare della scorza candita. Strano a me non l’ha mai comprata, la scorza candita.”

Seduta in una pasticceria di Budapest, Marika intravede il suo ex marito e coglie l’occasione per raccontare ad un’amica la sua storia. L’amore smisurato nei confronti di Peter, su cui un giorno si abbatte la “catastrofe”: un nastro viola trovato nel suo portafoglio che la porterà a scoprire una verità molto scomoda. Una donna del passato, mai dimenticata, la cui eterea presenza porterà

alla fine del suo matrimonio e probabilmente all’inizio della sua indipendenza.

È convinta che sia “la donna giusta”, solo lei potrà portare gioia e serenità a quell’uomo che ama così tanto da rinunciare a lui pur di vederlo felice. Ma…

“Ho scoperto, mia cara, che la persona giusta non esiste.

Un giorno mi sono svegliata, mi sono messa a sedere sul letto e ho sorriso. Non sentivo più alcun dolore. E improvvisamente ho capito che non c’è nessuna persona giusta. Non esiste né in terra né in cielo né da nessun’altra parte, puoi starne certa. Esistono soltanto le persone, e in ognuna c’è un pizzico di quella giusta, ma in nessuna c’è tutto quello che aspettiamo e speriamo. Nessuna racchiude in sé tutto questo, e non esiste quella certa figura, l’unica, la meravigliosa, la sola che potrà darci la felicità. Esistono soltanto delle persone, e in ognuna ci sono scorie e raggi di luce.”

E a me, lettrice che ha empatizzato con questa meravigliosa donna, monta ancor più la rabbia quando, procedendo nella lettura, scopro il seguito della storia, raccontato prima da Peter, l’ex marito, e poi da Judit, colei che si supponeva essere la donna giusta!

Peter, anch’egli seduto con un amico in un bar di Budapest, racconta del divorzio con Marika

“Lei mi ama ancora, non amerà nessun altro. Non porta rancore, perché tra persone che si sono davvero amate non può esserci astio. Ci può essere ira, desiderio di rivalsa, ma non certo quell’astio, quella rabbia tenace che attende solo il momento di scatenarsi.”

e del matrimonio con Judit, la donna vera, forte, dalla potenza selvaggia. Con lei vive una passione bruciante e letale, di quelle che ti capitano, forse, solo una volta nella vita, che ti consumano l’anima, quelle storie che sai che non porteranno a nulla di buono, ma che non puoi fare a meno di viverle e che poi ti lasciano sfinito, stremato, vuoto…

“Il letto è un luogo selvaggio, una foresta vergine fitta di sorprese e di imprevisti, un ambiente torrido, carico degli effluvi micidiali di fiori stranissimi, un groviglio inestricabile di liane, pieno di belve dagli occhi fiammeggianti che strisciano nell’ombra, le fiere del desiderio e della passione, sempre pronte a balzare sulla preda. Il letto è anche questo, in un certo senso. È una giungla. È penombra.”

Peter, o meglio, l’autore, approfitta per approfondire con le sue personali riflessioni su

quel sentimento astratto e contraddittorio che è l’Amore.

“E ora sto per dirti una cosa, nel caso non la sapessi già: l’amore, quello vero, è sempre letale. Mi spiego meglio: il suo scopo non è la felicità, l’idillio fino a che morte non ci separi, le romantiche passeggiate mano nella mano, sotto i tigli in fiore, attraverso i quali si intravede la fioca luce del lampione che illumina il portico, finché appare la casa che ti accoglie avvolgendoti con i suoi freschi effluvi… Questa è la vita, non è l’amore. L’amore è una fiamma più sinistra, più tragica. Un giorno si accende il desiderio di conoscere questa passione devastante. Sai, quando ormai non si vuole più nulla per sé, quando non si cerca l’amore per essere più sani, più tranquilli, più appagati, ma si vuole soltanto per essere, in modo totale, anche a costo di perire.”

“Che cosa conta, allora?…La verità. Esattamente come nella letteratura e in ogni ambito umano: riuscire ad essere spontanei, a sorprendere noi stessi con il dono meraviglioso del piacere, e nello stesso tempo, nonostante il nostro egoismo e la nostra avidità, essere capaci di dare gioia con pari generosità, senza alcun calcolo, senza secondi fini, con leggerezza, quasi inavvertitamente… Ecco qual è la verità, a letto.”

Judit, invece, racconta la sua storia all’amante, un batterista ungherese, una notte, in un albergo romano. Parla dell’amore e poi dell’odio nei confronti di Peter, ma soprattutto racconta della sua infanzia di profonda miseria e del riscatto sociale che avviene attraverso il matrimonio con Peter. Ma non le basta a sanare il desiderio di rivalsa, ha bisogno sempre di qualcosa di più. È l’occasione per Sándor Márai per affrontare uno dei suoi temi preferiti: una riflessione più approfondita su classi sociali, in particolare sul tramonto della borghesia, e sulla cultura.

“No, mia cara signora, la cultura è ben altra cosa. La cultura, egregia signora, è un riflesso condizionato!…”

L’ultimo racconto è affidato al batterista ungherese che, emigrato negli Stati Uniti, narra ad un suo connazionale, ancora una volta in un bar, le vicende di questo quadrilatero amoroso che, narrativamente parlando, si conclude con un racconto circolare realizzato con l’incontro finale, quasi paradossale, di due uomini che hanno avuto in comune la stessa donna.

“Se n’era accorta con l’intuito che hanno solo le donne, simile a un radar a cui non sfugge nulla… le donne riescono a scandagliare i segreti degli uomini ai quali sono legate.”

Un lungo romanzo, suddiviso in quattro monologhi assoluti, narrati dai protagonisti della vicenda, dove non c’è alcuna interferenza da parte dell’interlocutore, che diventa il lettore stesso, che viene, quindi totalmente immerso e coinvolto dall’io narrante nei meandri della storia.

Immediatamente trainata e catturata dalla lettura, a mano a mano che procedevo destreggiandomi nei racconti dei vari personaggi, è un po’ calato il mio interesse e la mia attenzione, ho letteralmente divorato i monologhi di Marika e Peter, mentre gli ultimi due mi sono risultati meno interessanti e un po’ più prolissi, avevo notato una certa cesura tra la prima parte e la seconda del romanzo. Ed in effetti l’opera è stata più volte rimaneggiata. Originariamente Márai, nel 1941, aveva dato alle stampe il libro con solamente le prime due parti, nel 1949 lo scrittore aggiunse il terzo monologo e nel 1980 fece pubblicare il libro con l’aggiunta di questo punto di vista rielaborato e dell’epilogo. Sicuramente lo scrittore avrà ritenuto opportuno questo inserimento per aggiungere la critica al regime ungherese di quel periodo storico, con un valore intrinseco fondamentale, ma, sinceramente, ho trovato quest’appendice superflua ai fini di una lettura globale del romanzo e della narrazione in sé e per sé.

Fermo restando, però, che consiglierei a chiunque la lettura di quest’opera, ancora una volta Sándor Márai non delude. Leggerlo è doveroso perché fonte inesauribile di riflessioni, anche se non tutte condivisibili. Una storia in quattro atti, quasi una sceneggiatura teatrale, il cui tema principale è l’amore, la vita che si sviluppa nella ricerca spasmodica di felicità e serenità; l’amore che si compie nell’accettazione di quei misteri che l’animo umano cela a chiunque, talvolta anche a sé stesso.

Un romanzo di grandi passioni e tradimenti, di personaggi tormentati di cui l’autore ci offre un’eccezionale approfondimento psicologico, ma sarebbe riduttivo limitare solo a questo l’intera opera che, invece, offre molteplici piani di lettura ed enormi temi di approfondimento sociale e culturale, oltre che interiore.

Un libro incantevole, dallo stile limpido, brillante, scritto con un registro stilistico di grande eleganza, un lessico forbito e diretto, mai stucchevole o noioso.

“Le persone non osano accettare il dono dell’amore, ci vuole un gran coraggio a lasciarsi amare incondizionatamente. Un coraggio che è quasi eroismo. La maggior parte delle persone non sa amare né lasciarsi amare, perché è vigliacca o superba, perché teme il fallimento. Si vergona a concedersi a un’altra persona, e ancor di più ad aprirsi davanti a lei.”

Citazioni tratte dal romanzo, pubblicate sui miei profili Facebook e Instagram 

 

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